Ugo Betti di Camerino: la città e i ricordi
Attratti dal garbo e dalla dolcezza della poesia di Betti, molti sono coloro che domenica scorsa 8 settembre si sono ritrovati nell’aula magna dell’Istituto Varano-Antinori per assistere alla lettura scenica organizzata dal Centro Studi Teatrali e Letterari Ugo Betti di Camerino e da docenti e alunni del neo Istituto. Parte integrante degli eventi dedicati a Ugo Betti, presentati congiuntamente dai Comuni di Camerino, Serravalle di Chienti e Valfornace nell’ambito della quarta edizione del festival MArCHESTORIE, Racconti e tradizioni dai borghi in festa, promosso dalla Regione Marche sotto la direzione artistica di “Fondazione Marche Cultura”, la lettura scenica dal titolo “Ugo Betti di Camerino: la città e i ricordi”, immagini, musica, parole, ha centrato pienamente l’intento di celebrare la ricca tradizione poetica di un autore troppo spesso trascurato facendone apprezzare il valore espressivo e tematico. La citazione bettiana, scelta come titolo del progetto presentato dai Comuni “Ai confini del mondo / passano i carri d’oro del tramonto”, tratta dalla poesia Tramonto, inserita nella prima raccolta poetica risalente al 1922 Il re pensieroso, si inserisce pienamente nel tema scelto quest’anno dal festival itinerante che ha come titolo “Marche, il dono dell’infinito”, a ricordare il profondo legame tra i poeti e i loro luoghi, fonte inesauribile di ispirazione e di riflessione. La lettura scenica ha proposto alcune delle poesie più intense di Ugo Betti, che pur dedicando la sua vita soprattutto al teatro e alla composizione di numerose novelle, non ha mai abbandonato la scrittura poetica, riservando anzi ad essa un ruolo privilegiato per intensità comunicativa e forza visionaria, sia nel contemplare la bellezza dei luoghi con rara capacità introspettiva, sia nell’addentrarsi nella profondità dei dilemmi esistenziali. Dopo essere stati proiettati in una atmosfera di sogno con le parole tratte dal celebre articolo “Camerino”, pronunciate da una straordinaria Andreina che ci ha aperto simbolicamente le porte della città apparsa in tutta la sua meraviglia e nobiltà storica, un redivivo Ugo Betti ha introdotto i brani rievocando le circostanze di composizione: La città dei re, in cui potente è l’immagine di una sfolgorante città d’oro; Poggetto di Camorciano, il luogo mitico della villa dei nonni, in cui il poeta, ritiratosi lì per scrivere la tesi di laurea alla vigilia della Grande Guerra, ritrova il suo angolo di pace; La passeggiata della sera, in cui Betti rievoca suoni, silenzi, voci, passi, odori mediante versi di rara intensità; Sera in via Cisterna, il luogo della sua infanzia di cui ricorda il gentile e confidente “tramestio” che fa dileguare ogni affanno del giorno; Primi freddi a Camerino, che raffigura l’atmosfera di settembre quando il poeta in procinto di ripartire da Camerino, privato “di tanto caldo di prati e arioso mereggiare”, si sente ormai straniero nella sua città; Il giardino della memoria, in cui i giorni del passato sono rami fiorenti che tornano alla vita; Il tempo, in cui il poeta rivive le sue sere infantili, ricordando nostalgicamente gli amati genitori con la fiducia di chi sa che le brevi stagioni dureranno solo nelle vie eterne del tempo; I ricordi, in cui il poeta attraverso un dolce camminare “per le viuzze scoscese di quel vecchio paese” rievoca suoni e immagini familiari nella contemplazione della sera turchina; La passeggiata e Canzonetta, dedicate al fresco sapore d’erba delle passeggiate, alla scoperta ingenua delle piccole cose, ma anche al triste presagio della precarietà. Le musiche di Respighi, Fauré, Chopin, Brahms, Elgar, Saint-Saëns, Schumann, Ravel, scelte dal preside Francesco Rosati, e le immagini di Paolo Verdarelli, hanno accompagnato le parole di Ugo Betti consentendo una immersione sinestetica nella sua poesia che si è in tal modo disvelata in tutta la sua bellezza e profondità. È Andreina Frosini a chiudere il recital pronunciando le parole dedicate a Ugo all’indomani della sua scomparsa e contenute nel saggio Religione e Teatro. Il canto XXIX del Paradiso, edito postumo: ne emerge un Betti più intimo, dalla personalità schiva, ma appassionata e attenta, depositario di una armonia superiore che ha faticosamente e dolorosamente cercato nella sua vita ed espresso nelle sue opere. Se le considerazioni di Betti sul curioso destino che rese breve la vita di tutti gli edifici, spesso bellissimi, edificati un tempo quassù risuonano oggi come una singolare profezia, le sue poesie hanno permesso di rivivere l’incanto della città in una ideale e quanto mai preziosa continuità con il passato e di proiettare su di esso la speranza per il futuro: antica terra per nuove piante.
Prof.ssa Angela Amici
Docente di lettere